Liquido, tondo, senza pareti.
Come quelle bocce trasparenti piene d’acqua, dove il povero pesce rosso di turno nuota senza sosta.
Dove ogni minuto, giorno, mese, è uguale al secondo precedente.
Mi sento così, come un pesciolino in un liquido “tondo” dove non c’è un inizio.
Dove non c’è una fine.
Le giornate passano anche abbastanza velocemente. Giornate scandite da un ritmo interno inarrestabile, giornate con una nuova e precisa ritualità.
Si lavora la mattina, poi si cucina, si pranza presto.
Poi si lavora di nuovo e dalle 16 in poi si fa sport.
Doccia. Cena. Netflix. Letto.
E via di nuovo così.
Creare una nuova routine è stato indispensabile, altrimenti il tempo si sarebbe lacerato fino al punto di perdere il suo significato fatto di secondi e ore.
Il tempo stesso sarebbe stato liquido, un trasparente contenitore all’interno del quale galleggiare senza meta.

Invece i gesti quotidiani, quell’orario in cui devi fare quella cosa ti salvano un po’ da questa deriva.
E se il corpo si muove seguendo un ritmo, è la mente che talvolta alla deriva ci va lo stesso.
C’è quel pensiero che a un certo punto, quando meno te lo aspetti, ti colpisce.
Quel pensiero che si trovava in mezzo all’Oceano Pacifico dei tuoi neuroni, in un mare blu che più blu non si può, sotto un sole cocente, su una zattera allo sbando che, d’improvviso, come un’onda anomala, fa sbattere le tue sinapsi creando quel maremoto di emozioni e ansie che sono “mie” ma che saranno di molti in questo periodo.
Quel maremoto si chiama incertezza, ed è l’incertezza tipica del cambiamento.
Questo virus è stato il nostro controllore del treno. Noi viaggiavamo in Prima Classe senza biglietto, Lui ci ha beccati e ci ha costretto a scendere da quel treno comodo, che erano le nostre certezze. Allora ci siamo trovati fermi a una stazione sconosciuta, Stazione Incertezza del Futuro, fatta di distanziamento sociale, mascherine, guanti, isolamento e paura.
Paura per la salute ma anche per il lavoro. Paura per un domani – un domani come ce lo aspettavamo, come eravamo abituati a vederlo e pensarlo – che ci siamo resi conto nessuno ci può garantire.
E quando anche questo passerà, quando Covid-19 scenderà anche lui dal treno e diventerà un puntino sempre più lontano, forse noi avremo imparato a essere flessibili, pazienti, rispettosi (degli altri e delle regole), solidali, capaci di apprezzare ciò che l’Oggi ci dona, cercando di fare del nostro meglio per un Domani migliore.
Forse.