Le margherite profumano di semplicità. È un misto di camomilla, terra bagnata e sole. Mi ricordano il giardino della villa di Tor San Lorenzo, la villa estiva di nonno Adriano e nonna Concettina.
Ci andavamo nei fine settimana, data la sua vicinanza con Roma, nemmeno un’ora di macchina. Io, mamma, papà, nonna, nonno e Fiammetta (la mia splendida e amatissima gatta, un Persiano rosso fuoco) nel trasportino.
Il venerdì sera si partiva la domenica sera si ritornava, perché il lunedì si iniziava la nuova settimana lavorativa.
Poi ad agosto con i miei genitori, nonna Milena e la gatta, partivamo per Otranto, la casa ereditata dai nonni paterni. I nonni materni invece rimanevano a Tor San Lorenzo; a volte ospitavano la sorella di nonna, a volte un parente di nonno… era un porto di mare.

In quel bellissimo giardino sempre curato c’erano cespugli di ortensie colorate, piante di limoni, siepi altissime. C’era un pozzo chiuso sul quale la mia Fiammetta adorava appollaiarsi per dominare l’ambiente che la circondava e cercare qualche ignara preda con cui divertirsi.

C’erano Enrico ed Enrica, le due tartarughe che adoravano lattuga e albicocche.
Poi c’era l’aiuola piena di fiori, tra cui tante margherite profumate.
Erano proprio all’ingresso del giardino ed era il primo profumo che sentivo non appena entrata. Discreto, ma inconfondibile.

Le margherite sono per me un ricordo colorato di pomeriggi estivi e silenziosi mentre, dopo pranzo, tutti dormivano. Nonno Adriano si metteva sulla sua sdraio di plastica intrecciata color giallo limone e stava al piano terra, cullato dall’arietta della finestra del salone, con le parole crociate sulla pancia e la matita a scatto che cadeva a terra e puntualmente si spuntava. Magari con la televisione in sottofondo, a basso volume, su un programma qualsiasi di Rete 4.
Papà e nonna Concettina al primo piano, nelle loro rispettive stanze. Papà leggeva un po’ il suo romanzo del momento, un thriller o un giallo, e poi crollava. Nonna abbassava la serranda della camera da letto e non c’era per nessuno.

Ognuno di loro russava: nonno con il risucchio, era un vero trombone, lo sentivo perfino mentre ero fuori in giardino, a giocare ad acchiapparella con Fiamma. Papà russava a “scatto”, il rantolo tipico di chi fuma tanto. Nonna era più un ronzio costante e sommesso, intervallato da qualche parola sconnessa. Sì perché nonna da ragazza era stata sonnambula. Le era rimasto il parlare nel sonno, ma anche cantare e prendere a pugni il povero nonno Adriano, visto che nei suoi sogni o era allegra e ciarliera o belligerante e manesca…

Mamma invece andava a prendere il sole. Sì, nelle ore più calde e dopo mangiato, cospargendosi di Olio Johnson o crema Nivea, quella nel barattolo blu. Non so come abbia fatto a non ustionarsi o ricoprirsi di rughe!
Se ne aveva voglia se ne andava alla spiaggia libera: pareo, telo da mare, borsa di paglia, zoccoli di legno del dottor Scholl – che facevano un casino assurdo – cappellino e tanti saluti. Era capace di stare al sole anche tre ore di fila, col suo Walkman con l’autoreverse e le cuffie spugnose, ascoltando i Sueprtramp, Edoardo Bennato, Lucio Dalla, gli Abba o la Nannini. Altrimenti saliva nella mansarda che aveva un solarium bellissimo e si piazzava lì, stile lucertola.
E io? Io ero l’unica sveglia, attiva e pimpante di tutta la combriccola. E siccome di dormire o stare ferma proprio non se ne parlava, mi arrangiavo – come sempre ho fatto in vita mia – trastullandomi da sola in vari modi. La prima mezz’ora leggevo un po’. A quell’epoca, intorno ai 7/8 anni, adoravo i fumetti di Topolino, poi mi piaceva Diabolik (in Questo Post vi parlo della mia passione per il ladro in tuta nera). Leggevo anche tantissimi Piccoli Brividi (che collezionavo e tutt’ora custodisco gelosamente nella mia libreria).

Dopo aver letto un bel po’ mi veniva voglia di far qualcosa di attivo (perfino quando sono stanca “fatico” a riposare perché mi pare di perdere tempo).
Mi piaceva da morire andare “all’avventura”, esplorare, inventare storie stile Indiana Jones, perché fantasia e iperattività sono due cose che mi contraddistinguono da sempre. Ma non ero una bambina molesta, anzi, ero tranquilla e discreta (che sembra un controsenso, ma vi giuro, non lo è). La mia voglia di movimento si concretizzava nel fatto che mi davo da fare per inventarmi da sola nuovi giochi che mi permettessero di divertirmi, senza disturbare “i grandi”. Insomma, mi sono sempre fatta i cavoletti miei, talvolta combinando pasticci ma per fortuna, come diceva la nonna, Santa Pupa mi deve aver protetto spesso!

Allora inforcavo la bicicletta e uscivo per il Consorzio, inventando di essere un’esploratrice che aveva un manufatto misterioso da proteggere, con brutti ceffi che mi stavano alle calcagna nel tentativo di rapirmi.
Oppure fingevo di essere un agente segreto e facevo di tutto per muovermi furtiva dentro casa, cercando di non farmi vedere da nessuno.

Altrimenti uscivo e andavo alla ricerca di animali da coccolare e gattini o cagnolini randagi da sfamare. Gli animali sono sempre stati il mio debole. Fosse stato per me avrei riempito la casa dei miei genitori con papere, criceti, gatti, cani, conigli, topi, uccellini, pure formichine!
E se ancora, dopo tutto quello che mi ero inventata, nessuno della famiglia si era ancora alzato, andavo in cucina, prendevo un gelato (c’erano un sacco di Cremini e Fior di Fragola che piacevano tanto a nonna, mentre io adoravo il Cucciolone e il Magnum) e mi mettevo a contare e riordinare i tappi colorati che nonno teneva in un cassetto della credenza. Oppure facevo un solitario con le carte napoletane che mi aveva insegnato nonna Milena… Quanto mi viziava anche lei, tra giochi a carte, pranzetti buonissimi, passeggiate al parco e tante risate).

Oppure provavo a risolvere i vari giochi della Settimana Enigmistica che nonno Adriano mi lasciava come Aguzzate la vista, Unisci i puntini, Il Bersaglio ecc. Finalmente verso le quattro tutti erano di nuovo vigili e attivi, così io, mamma e papà andavamo a fare due passi a Lavinio, papà prendeva il caffè, mamma guardava i negozi e io mi compravo in edicola Quattro Zampe e Qua la Zampa, due riviste che adoravo e che parlavano, ovviamente, di animali.

Spesso papà mi portava al Lido dei Pini a giocare ai videogiochi, quelli a gettoni nei grossi cabinati, tipici dei bar (parliamo degli anni ’80): PacMan, Tetris, Super Mario, Arkanoid, Bubble Bobble, Wonder Boy… papà si divertiva come un matto e ci passavamo le ore!
La sera mangiavamo sempre o le cose buonissime che preparava nonna oppure la pizza o anndavamo a cena fuori a mangiare il pesce (io prendevo sempre o gli spaghetti con le vongole oppure le pennette al salmone).
Quando penso a queste cose non posso fare a meno di dire a me stessa quanto io sia stata fortunata ad avere dei nonni così speciali, che mi hanno cresciuta, amata ed educata con tutto l’amore del mondo, un amore che sento anche adesso che non sono più con me da così tanto tempo. Nonna Concettina, nonno Adriano e nonna Milena resteranno con me per sempre, come anche Fiammetta e tutti i miei amati animali, per me veri e propri membri della famiglia – Orson, Olivia, Lizzy…
Loro sono la mia Luce nel cuore, quella che brilla quando tutto sembra così scuro da non vedere più nulla.
E come disse una volta lo scrittore tedesco Johann Paul Friedrich Richter:
Il ricordo è l’unico Paradiso
dal quale non possiamo essere cacciati.
Jean Paul