Venerdì 6 novembre ho cominciato a star male. Prima uno strano mal di gola, poi la tosse. Mi doleva il petto. Poi un mal di testa martellante e una fiacca assurda, da non riuscire a far nulla senza farmi venire la tachicardia.
Domenica 8 la febbre: 37,5.
La notte ero stordita, sono arrivata a 38,8.
Dolori ovunque, alle ossa, ai muscoli. Un vero stillicidio.
Inappetenza. Tanta nausea. Non riuscivo nemmeno a mangiare per sostenermi.
Lunedì mattina, il 9, mi sono preparata a fatica per andare a fare il tampone al drive-in.
Ho avuto un malore, sono quasi svenuta e ho percepito per la prima volta una difficoltà respiratoria.
È stata breve e transitoria, per fortuna, ma ho avuto paura.
È stato anche un caso isolato, non mi è più capitato.
Ho cominciato a sentire “odore” di quarantena.
Il tampone era positivo al Covid-19, per l’appunto.
Ho perso gusto e olfatto, ma quello è il minimo.
Sono stata malissimo per tre giorni, il mio compagno ha temuto un paio di volte di dovermi portare in ospedale.
Poi è tutto rientrato. Il mio fisico ha reagito con forzaOggi, 27 novembre, sto bene.
Ho anche ricominciato ad allenarmi senza difficoltà.
Ma archiviata la paura per questa malattia e tutti i suoi incontrollabili effetti secondari, è cominciato il calvario “burocratico”, alias: come uscire dalla quarantena/isolamento?
Ebbene sì, perché una volta che i sintomi sono spariti, dal 14 novembre per la precisione, è cominciata la rincorsa al tampone negativo.
Secondo la nuova disposizione del Ministero della Salute si può ritornare a condurre una vita normale, senza più il rischio di essere contagiosi, 21 giorni dopo la comparsa dei sintomi (o 21 giorni dopo il primo tampone se asintomatici) di cui almeno 7 senza sintomi (tranne gusto e olfatto che possono restare distorti per un bel po’ di tempo ancora).
Essendo il molecolare ultra sensibile al tracciamento del virus (difatti usato come metodo di elezione per la sua ricerca) esso rileva anche minime tracce del suo RNA. Di conseguenza, seppur “guariti” e – ripeto – NON più contagiosi, si può risultare positivi a lungo. Anche per due mesi di fila se la carica virale rilevata al primo tampone (ossia l’antigenico nel mio caso, che cerca le proteine del virus che si legano agli anticorpi e non frammenti di materiale genetico come fa il molecolare) era alta.
Oggi ho fatto il terzo molecolare, con la speranza che sia negativo.
A prescindere dal suo risultato potrò comunque rientrare in “comunità” da martedì prossimo (il 1 dicembre), con un certificato che rilascia il proprio medico curante o il SISP.
Ovviamente dal punto di vista di chi è stato male, l’importanza di vedere scritto sul referto la parola NEGATIVO diventa quasi una priorità di tipo psicologico. Anche se abbiamo tutti capito benissimo che non si corrono pericoli e il medico mi ha tranquillizzata sotto tutti i punti di vista.
Ma pazienza, l’essenziale è star bene. L’essenziale è non essere più un pericolo per chi ci sta accanto.
In questo periodo di isolamento, in cui mi sono sentita “infetta”, quasi un’untrice, in cui al primo accenno di mal di gola non sono uscita per una forma di rispetto per gli altri (perché se fosse stata solo una freddata benissimo, altrimenti avrei rischiato di contagiare anche le persone a me più care) la presenza del mio compagno, contatto diretto e quindi in quarantena con me, risultato poi negativo, mi ha aiutata tantissimo.
Non potevo muovermi dalla mia camera, non potevo toccare nulla al di fuori di essa.
Sono stata completamente dipendente da un’altra persona per ogni cosa, anche per chiedere un bicchiere d’acqua. Proprio io che non ho mai amato dipendere da nessuno, io che sono sempre stata dinamica e fattiva.
Il 12 novembre ho anche compiuto 40 anni… in quarantena. Yeeeaahh!
Ma Luca, la mia famiglia e i miei amici hanno reso quel giorno speciale, nonostante tutto.
Ho avuto regali meravigliosi (anche un mazzo di fiori galattico che mi è arrivato a casa) e una torta buonissima, piena di cioccolato (almeno credo lo fosse, visto che non avevo più il gusto e la torta somigliava tanto alla pasta!).
Mi sono sentita stra-fortunata e ho pensato a tutti quelli in terapia intensiva, soli. Non solo malati di Covid.
E ho pensato anche quanto sia sciocco lamentarsi per tante futilità…
Ma adesso vi faccio un po’ ridere.
Ieri sento il medico che ovviamente, preciso come è, si attiene al protocollo del Ministero: tampone di diagnosi. Primo tampone di controllo a 10 giorni di cui 3 senza sintomi. Secondo tampone di controllo a 17 giorni, di cui 7 senza sintomi.
Quindi, con mio sommo orrore, mi comunica che devo fare il terzo tampone di fila. Per carità non è che sia sta tragedia, però non ci vado nemmeno pazza, ecco!
Allora prende il calendario, la mia cartella clinica, e lo sento che comincia a contare ad alta voce: «Allora, 6 novembre, 13, e stiamo a sette giorni, poi 19 e stiamo… no facciamo dal tampone: allora 9 novembre, 13, 17». E via con i conti che si stava facendo…
Bene, pensate a me dopo 21 giorni di isolamento. Alienata dal mondo. Non ci sto capendo manco io nulla tra tamponi, sintomi, non-sintomi, giorni di quarantena, certificato di guarigione, certificato di rientro in comunità… Luca mi fa: «Mbè, che ha detto il medico?».
A me è venuta in mente la scena di Totò, quella del film “Totò e le donne” quando lui è al telefono col commendatore.

Ecco, vi lascio la clip con lo spezzone… immaginate che io ho reagito esattamente come Totò, telefono inscluso!
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